Sogni che viaggiano oltre il mare

Sabato 21 settembre è stato un giorno che non dimenticherò mai. Il porto di Santa Maria di Leuca sembrava sospeso nel tempo, come se ogni cosa intorno a noi si fosse fermata per accogliere quel gruppo di 88 persone, provenienti dall’Afghanistan, dall’Iran e dalla Turchia, che sbarcavano dopo cinque lunghi giorni in mare. Non dimenticherò mai i loro volti, le loro espressioni, soprattutto quelle dei bambini.

Ricordo quando lessi il libro Stanotte guardiamo le stelle, che racconta il viaggio disperato di chi fugge dalla propria terra. L’autore aveva vissuto in prima persona quell’odissea, e non avrei mai pensato che un giorno avrei incontrato sguardi simili, che avrei aiutato anch’io. Una frase che mi colpì profondamente: “Chi parla degli emigrati usa spesso la parola disperati, è che non c’è niente di più simile alla speranza nel decidere di emigrare: speranza di arrivare da qualche parte migliore, speranza di farcela, speranza di sopravvivere, di tenere duro, speranza di un lieto fine come al cinema.

Quelle parole sono riaffiorate nella mia mente mentre guardavo gli occhi di Emir, Erkan e Aisma. Nei loro sguardi non c’era disperazione, ma una scintilla di speranza che brillava nonostante tutto.

Emir, con il suo sguardo attento, osservava ogni movimento intorno a sé, come se cercasse di capire dove sarebbe finito il suo viaggio.

Erkan  stringeva la mano del padre con forza, e ogni tanto mi lanciava uno sguardo timido ma curioso.

Asma, con quel sorriso leggero, sembrava aver già trovato conforto nei biscotti che distribuivamo.

Era difficile immaginare cosa potessero aver vissuto, ma in quel momento erano lì, con noi, al sicuro.

Abbiamo distribuito biscotti, macedonia e succo di frutta. Piccoli gesti che hanno portato un po’ di sollievo, ma erano gli occhi a parlare, a raccontare storie che non avevano bisogno di parole.

Molti di loro mi chiedevano l’hotspot per poter chiamare i parenti rimasti in Afghanistan. Mi ha colpito profondamente la loro necessità di stabilire un contatto, di far sapere che erano arrivati, che stavano bene. Erano così ansiosi di sentire quelle voci dall’altra parte del mondo, di annunciare che ce l’avevano fatta, almeno per un altro giorno.

Ho cercato di immortalare alcuni di quei momenti scattando un po’ di foto soprattutto ai bambini. Volevo catturare quelle espressioni, quei frammenti di vita così vulnerabili e allo stesso tempo pieni di speranza. Ma ogni scatto sembrava insufficiente per raccontare la profondità di ciò che stavano vivendo.

Abbiamo messo anche un po’ di musica per loro. Ricordo ancora come gli occhi di Aisma si sono illuminati: hanno iniziato a ballare, a divertirsi, come se per un attimo il peso del loro viaggio si fosse alleggerito. Vederli ridere e muoversi spensierati è stato un sollievo per il cuore.

È stata un’esperienza unica, che mi ha toccato profondamente. Un’esperienza che ti cambia dentro, che ti fa capire quanto siano fragili i confini tra le nostre vite e quelle degli altri. Mai avrei pensato di trovarmi lì, a vivere un momento simile, eppure quel giorno ha cambiato qualcosa dentro di me. Ho capito quanto sia forte la speranza, quanto un essere umano sia disposto a sacrificare per cercare un futuro migliore.

E sono sicura che non dimenticherò mai quei volti, quei sorrisi e quelle mani che stringevano i biscotti come la vita stessa, con tutta la speranza che portavano con sé.

Alessia Buccarello

Volontaria Servizio Civile Universale, Caritas Diocesana Ugento-Santa Maria di Leuca

TRA TERRA E MARE

Le mie impressioni sullo sbarco a Santa Maria di Leuca

Sabato 21 Settembre 2024 ci hanno avvisati dell’eventuale sbarco al porto di Leuca
intorno alle 15.30. Alla notizia ero molto entusiasta, desiderosa di andare ad accogliere i migranti. Sentivo il bisogno di mettere in pratica tutto ciò che ho imparato nel mio percorso universitario e, allo stesso tempo, volevo mettermi alla prova: capire quanto fossi pronta a gestire le mie emozioni e a vivere l’intensità di uno sbarco per la prima volta.

Arrivati al porto, abbiamo visto la nave della Guardia Costiera avvicinarsi lentamente, con a bordo 88 migranti. Quando la nave si è fermata, mi sono avvicinata, col cuore che
batteva forte. In quel momento, ho sentito un turbinio di emozioni: ansia, timore e una leggera paura dell’ignoto. Man mano che mi avvicinavo sempre di più al centro della nave, ho notato dei bambini. Erano così piccoli e spaventati, un’immagine che mi è rimasta impressa nella mente. Quei volti segnati dalla paura, dal freddo e dalla stanchezza raccontavano più di mille parole.

Poco dopo, i migranti hanno iniziato a scendere uno alla volta. Mi sono subito cimentata nel distribuire succhi e biscotti, cercando di alleviare anche solo per un attimo il loro disagio. Vedevo nei loro occhi la gratitudine, ma anche il peso del lungo viaggio. Dopo che tutti sono scesi, mi sono avvicinata a una madre con due figli. Il suo volto mostrava forza e determinazione, ma celava bene il dolore che, forse, voleva nascondere ai suoi piccoli. Le ho chiesto da dove venisse e da quanto tempo stesse viaggiando. Mi ha risposto con voce calma, ma stanca: “Siamo in viaggio da 5 giorni e 4 notti, siamo partiti dalla Turchia.”

Accanto a lei c’era un’altra donna, il cui sguardo era perso nel vuoto. Mi chiedevo a cosa stesse pensando: forse alle persone che aveva lasciato indietro o al futuro incerto che l’aspettava. Era un silenzio carico di emozioni, difficile da descrivere.

Poi mi sono avvicinata ai bambini per offrire loro dei biscotti. Inizialmente erano impauriti e diffidenti, ma piano piano, con i miei gesti gentili, alcuni di loro hanno iniziato a sorridermi. Ogni piccolo sorriso che ricevevo mi riempiva il cuore di gioia. In quei momenti, nonostante il dolore e la sofferenza che avevo davanti, sentivo che quel piccolo gesto era sufficiente a creare un ponte di umanità tra noi.

L’intera esperienza è stata un vortice di emozioni, che ha messo alla prova non solo le mie capacità, ma soprattutto la mia capacità di gestire la forte empatia che provavo. Non dimenticherò mai quei volti, quelle storie di speranza e sofferenza mescolate insieme.

Martina Ecclesie
Volontaria Servizio Civile Universale
Caritas Diocesi Ugento – Santa Maria di Leuca