E’ a Scampia che si è svolto il XVIII Incontro Nazionale dei giovani in Servizio Civile in Caritas, nel ricordo di San Massimiliano di Tebessa, giovane martire cristiano, obiettore di coscienza al servizio militare.
Subito ci siamo immersi, appena arrivati lunedì 11 Marzo, nella toccante esperienza di Don Peppe Diana ascoltando la sua lettera “Per Amore del mio Popolo” a 30 anni dall’uccisione, a Casal di Principe nella sua Parrocchia San Nicola di Bari. All’incontro oltre a Don Franco Picone, attuale Parroco della chiesa di San Nicola di Bari di Casal di Principe, Don Carmine Schiavone, al Delegato Regionale di Caritas Campania e Direttore di Caritas Aversa, sono intervenuti Don Marco Pagniello, Direttore di Caritas Italiana, Mons. Angelo Spinillo, Vescovo della Diocesi di Aversa e Don Francesco della Monica, Delegato Regionale Servizio Civile per Caritas Campania.
“I giovani hanno bisogno di testimoni ancor prima che di maestri”: lo diceva, San Paolo VI, colui che ha dato avvio alla nascita della Caritas Italiana, ed è la sintesi perfetta per motivare la scelta di far conoscere da vicino la testimonianza di fede e di amore per la legalità e la giustizia di Don Peppe Diana.
Don Peppe venne ucciso nella sua sagrestia il 19 marzo del 1994 perché «colpevole» di dire apertamente no alla camorra invitando il popolo a rialzare la testa in un periodo in cui le cosche dettavano legge sul territorio casertano. Natale era sindaco, ma sgradito al clan che allora decideva primi cittadini, consiglieri e assessori.
Conosciuto da tutti come “Don Peppino”, contrastò la criminalità organizzata della sua città, nel periodo in cui imperversano in Campania i casalesi, camorristi legati al boss Francesco Schiavone (detto “Sandokan”), infiltrati negli enti locali e nell’imprenditoria locale. Contro questo sistema Don Giuseppe scrisse una lettera, intitolata Per amore del mio popolo, diffusa nel giorno di Natale del 1991 in tutte le chiese della sua diocesi.
Lo scritto è un manifesto a sostegno dell’impegno civile contro la camorra, definita come una forma di terrorismo, che attraverso la paura impone le proprie inaccettabili leggi e un clima di inaudita violenza.
L’incontro ci ha permesso di conoscere Don Peppe non solo per la sua storia ma specialmente nella profondità della sua persona.
Chi ha avuto l’onore di conoscerlo di persona ci ha dato l’opportunità di comprendere quanto lui fosse SACERDOTE, AMICO VERO, PROFETA CORAGGIOSO ed ECCESSIVO nel suo modo d’amare.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E PACE
Nella mattinata del 12 Marzo, presso l’Università Federico II di Napoli a Scampia, moderati da Don Alessio De Fabritiis, aprono il dibattito sulla relazione tra uomo e Intelligenza Artificiale, sui nuovi orizzonti che quest’ultima offre e sui possibili rischi che può generare ponendo questi interrogativi ai relatori, la Prof.ssa Marta Bertolaso e il Prof. Guglielmo Tamburrini,: “Se l’uomo è tecnico, perché ha paura della tecnica e quindi della tecnologia?
Perché temiamo l’uso di qualcosa che siamo noi stessi a generare, implementare, costruire?”
Tutto è automatizzato, accelerato, accessibile e autonomo. Siamo dentro ad un paradigma tecnocratico in cui l’uomo si misura quotidianamente con la macchina.
Quando ci interroghiamo su intelligenza artificiale e pace ci riferiamo a un senso di interdipendenza relazionale e di coesistenza.
La macchina è figlia dell’uomo e della sua volontà e proprio per questo motivo è sempre l’uomo il fautore delle sue scelte.
E allora perché avere paura? Il nostro timore non deve essere rivolto alla performance di un congegno automatizzato (risultato umano), piuttosto all’intento e al disegno che l’uomo conferisce a quella macchina.
Ed è a questo proposito che interviene Davide Dattoli, fondatore e CEO di Talent Garden, la piattaforma leader in Europa per la comunità del business della tecnologia digitale.
Se vogliamo e crediamo di non voler atomi al posto di persone, servono le relazioni.
L’intelligenza artificiale, spiega Davide, è molto più veloce rispetto al digitale. Le imprese hanno dovuto assumere tanti profili nel digitale e le necessità di profili lavorativi competenti stanno ulteriormente aumentando.
Quali sono le skills necessarie? Occorre una visione di business sociale e un piano di mindset.
La nostra generazione ha la grande opportunità di creare lavoro e di inserire nel proprio learning agreement un piano digitale.
La domanda principale, dunque, non è “cosa devo fare?”, ma “cosa devo fare per essere felice?”. Per saper usare tecnologia dobbiamo superare la paura, non possiamo permettere a nessuno di costringerci a giocare sempre in difesa, serve una riflessione su quale mondo vogliamo abitare, condividere e nel quale coesistere.
L’obiettivo non è dar risposta a tutto, ma trovare il modo di saper fare la giusta domanda.
L’incontro si è concluso con una passeggiata tra le vie di Scampia durante la quale abbiamo avuto modo di osservare il pragmatismo e l’imponenza delle Vele e siamo ripartiti arricchiti dall’esperienza di don Peppe e dall’incontro con altri giovani che come noi hanno deciso di svolgere il loro servizio accanto alle persone vulnerabili all’interno di Caritas.
Federica Turco e Renato Frisullo,
Operatori Volontari del Servizio Civile Universale, Caritas Ugento – S.M. di Leuca