“Nella vecchiaia non abbandonarmi” (cfr. Sal 71,9)

Domenica 28 Luglio 2024

Non gettarmi via nel tempo della mia vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze”.

È la toccante preghiera di un anziano, che si snoda tra la supplica e l’espressione di fiducia. Giunto alla vecchiaia, mentre le forze lo abbandonano, è provato da angosce e sventure. Nel corso del Salmo la sua preghiera da supplica, sfogo e memoria si trasforma in un’espressione di speranza, per poter continuare, a cantare al Signore nei giorni che gli restano.

Racconta un anziano, che si firma nonno attivo: -Come anziano ancora attivo, ma con gli acciacchi dell’età e alcune patologie che i medici dichiarano “ben compensate”, almeno al momento, con i farmaci, mi trovo nella condizione di essere particolarmente sensibile a questa invocazione. Anche perché intorno a me osservo come il rischio di abbandono risulti, oggi, particolarmente rilevante per anziani e vecchi, quando diventano parzialmente o totalmente non autosufficienti-.

Limitandoci al solo nostro Paese, quasi quattro milioni di anziani necessitano di assistenza in quanto parzialmente o totalmente non autosufficienti. Di questi uno su tre vive da solo. Il “clima” sociale ed economico è caratterizzato dalla cultura dello “scarto”, per usare parole di papa Francesco, nei confronti della fisiologica condizione di fragilità, che, in nome dell’efficienza e produttività, produce marginalità ed esclusione. Le politiche pubbliche, nonostante rinnovate attenzioni normative e sociali grazie anche a un importante contributo della Chiesa, offrono un aiuto ancora insufficiente. Si consideri, infatti, che oltre due milioni e mezzo di anziani bisognosi di aiuto sono assistiti esclusivamente dai familiari o si trovano di fatto in gravi situazioni di necessità, fino a vere e proprie forme devastanti di “eutanasia da abbandono”.

La carenza o l’assenza di legami umani è amara compagna di molte vecchiaie vissute con dolore, solitudine, caduta della stima di sé, senso della vita e speranza. Ma l’esperienza dell’abbandono e della solitudine, che ne è la più dolorosa conseguenza, accompagna l’umanità, pur in forme e con intensità diverse, fin dall’ età infantile.

Come raccontano i molti nonni e nonne che conosco e hanno nipoti adolescenti o ormai adulti, il legame e la relazione, se instaurati da piccoli, quando si “affidavano” a loro, rimangono anche se si trasforma profondamente. Così spesso gli adolescenti si confidano con i nonni e da giovani sentono il desiderio di “restituire”, come quella studentessa che aveva piacere di accompagnare il vecchio nonno, che l’aveva accudita da piccola e ora costretto sulla carrozzina, a fare lunghe passeggiate o gite in auto.

La relazione profonda non abbandona, ma diventa diversa, anche radicalmente. Non si nega, ma si trasforma. Spesso siamo portati, non a torto, a considerare l’abbandono quale effetto di responsabilità altrui, siano esse familiari o sociali o di politiche di welfare. Indubbiamente, dipende anche da noi saper generare e mantenere buone relazioni resilienti all’abbandono.

Se guardassimo dall’alto la nostra società, emergerebbe un dato preoccupante: le diverse generazioni occupano lo stesso spazio nel mondo, ma non vivono insieme.

I motivi sono molteplici e complessi, ma resta il fatto che è necessario intervenire al fine di rompere le barriere sociali che separano i giovani dagli anziani.

Nel corso del 2022, la Caritas diocesana Ugento Santa Maria di Leuca ha promosso una progettazione sulle persone anziane, “Intrecciati. Tra memoria e futuro.” Nel corso del progetto è stato condotto uno studio che ha messo in evidenza difficoltà e discontinuità nelle relazioni e nella solidarietà tra le generazioni e tra gli abitanti della comunità.

L’ indagine sociologica ha rivelato un dato di grande importanza: gli individui oltre i 65 anni sono depositari di preziosi saperi tradizionali, legati alla cucina, al cucito, nonché all’artigianato, alla pesca e ad altre professioni che rischiano di scomparire a causa dell’incalzante economia globalizzata. Tuttavia, dai partecipanti intervistati , si evince che pochi sono disposti a insegnare alle nuove generazioni le loro arti e i loro mestieri.

All’ interno del progetto, sono state sviluppate diverse attività che cercano di tessere una rete intergenerazionale, alcune delle quali continuano a esistere per sostenere le comunità del Capo di Leuca.

Il progetto “Intrecciati” si è concluso, con la pubblicazione della ricerca e alcuni interventi sull’invecchiamento attivo di vari esponenti delle Istituzioni e non, il racconto di alcune esperienze promosse all’interno delle comunità parrocchiali, e alcune linee da perseguire in futuro . Tuttavia, tra i suoi frutti e in mezzo alle sue ricadute positive ancora si fa molta fatica a rintracciare quelle buone abitudini dello stare insieme e del condividere le personali esperienze.

Il nostro quotidiano impegno e il nostro ardente desiderio vanno nella direzione della sensibilizzazione di ciascuno – nella nostra società e, maggiormente, all’interno della comunità cristiane– affinché la vita dei nostri anziani, con le loro realtà di speranza e di disagi, sia sempre meglio custodita, e diventi linfa, tesoro, pozzo da cui le nostre e le future generazioni possano attingere tutti quei bacagli di esperienze, preziosi per una vita “buona”.

QUI IN ALLEGATO IL MESSAGGIO DEL PAPA: https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/nonni/documents/20240425-messaggio-nonni-anziani.html